«Nella danza, i talenti con disabilità hanno bisogno di modelli propri»
Joëlle Petrini aveva 31 anni quando nella primavera del 2017 ha scoperto un nuovo mondo. All’epoca, faceva parte da tempo della compagnia inclusiva Teatro Danzabile di Lugano, seguiva l’allenamento settimanale e aveva già partecipato a tre produzioni professionali presentate al pubblico. Era stata l’educatrice che la seguiva sul posto di lavoro protetto a darle l’impulso decisivo: a Joëlle Petrini è piaciuto subito focalizzarsi sul potenziale di espressione artistica del suo corpo nell’improvvisazione guidata con altri giovani adulti con e senza disabilità.
Torniamo a oggi: in questa domenica pomeriggio di febbraio del 2019, Joëlle Petrini, con i suoi capelli rossi e blu, spicca tra i venti partecipanti al workshop di lancio organizzato presso l’Alta scuola delle arti di Zurigo (ZHdK), una due giorni di cui il coreografo Emanuel Rosenberg vuole usufruire per selezionare una dozzina di danzatori con e senza disabilità per un laboratorio di due settimane sempre nella scuola di Zurigo durante il quale sotto la sua direzione verrà elaborata una coreografia dedicata ai «talenti imprevedibili».
La metà dei partecipanti sono studenti del corso di bachelor di danza contemporanea della ZHdK. Emanuel Rosenberg, che da dieci anni è responsabile artistico del Teatro Danzabile e del Festival di arti integrate ORME, ha portato con sé Joëlle Petrini e altri tre membri della sua compagnia, e invitato tramite la sua rete di contatti il resto dei partecipanti.
Superare le inibizioni attraverso la creazione artistica in comune
Due laboratori misti con danzatori con e senza disabilità erano già stati organizzati a Zurigo e a Verscio nel 2017, allora con studenti del corso di bachelor della ZHdK e di master dell’Accademia Teatro Dimitri. Quest’ultima è parte della Scuola universitaria professionale della Svizzera Italiana (SUPSI).
«Ci sono voluti molto tempo e molto lavoro prima che riuscissi a superare le mie inibizioni, mi fidassi e mi lasciassi andare.»
Durante quell’esperienza, non appena si è concessa di danzare con un partner maschile senza disabilità, a Joëlle Petrini si è aperto un mondo. «Ci sono voluti molto tempo e molto lavoro prima che riuscissi a superare le mie inibizioni, mi fidassi e mi lasciassi andare», ricorda. Ma poi è riuscita a dare una nuova espressione artistica alle sue emozioni, «alla mia tristezza, alla rabbia, all’amore».
Gli effetti si fanno sentire ancora oggi, nel suo repertorio più ricco, ma anche nella quotidianità, nel suo essere donna ed essere umano. In questa domenica pomeriggio, Joëlle spera di essere selezionata anche per il prossimo laboratorio.
«Ciò che qualcuno chiama disabilità è solo una possibile sfaccettatura che per altri può essere irrilevante.»
Inibizioni. Emanuel Rosenberg ne individua almeno altrettante nelle persone senza disabilità. «Ma che cosa significa disabilità?», chiede. Più da vicino si osserva una persona, prima si scopre una qualche forma di limitazione. «Ciò che qualcuno chiama disabilità è solo una possibile sfaccettatura che per altri può essere irrilevante.»
L’arte può fare a meno di definizioni e categorie, di questo è convinto. Lavorando insieme, il timore di ciò che non si conosce viene superato, le etichette scompaiono. Su questi aspetti lavora molto con gruppi misti composti di danzatori con e senza disabilità affinché i corpi si conoscano. «Ogni corpo è diverso. Preso atto di questa diversità, le inibizioni spariscono.»
Alternative ai corpi in formissima e perfetti
La coreografa Susanne Schneider pensa che uno dei compiti principali del laboratorio sia anche sensibilizzare e abbattere i timori. Durante il primo laboratorio del 2017, a cui hanno preso parte pure danzatori con disabilità della sua compagnia mista BewegGrund, aveva svolto la funzione di coach. In qualità di co-fondatrice dell’associazione inclusiva BewegGrund e di responsabile artistica dell’omonimo festival di Berna, è una pioniera della danza inclusiva.
Nel mondo della danza, le formazioni sono molto ambiziose e competitive, e incentrate su corpi in formissima e perfetti. «Quello che durante le nostre prove capita ogni giorno – confrontarsi con persone che non corrispondono a questo 'ideale' – per molti studenti è stata un’esperienza chiave, lo hanno rivelato i sondaggi», spiega Susanne Schneider. Se nell’ambito di progetti di danza questi studenti si ritroveranno un giorno a collaborare con colleghi con limitazioni, reagiranno con maggiore apertura.
Apripista del lavoro professionale con danzatori con e senza disabilità
Le compagnie BewegGrund e Teatro Danzabile costituiscono da anni un esempio di come funziona l’inclusione nella danza professionale. Quando nel 1998 Susanne Schneider ha partecipato alla costituzione della BewegGrund, nel mondo della danza svizzero non esistevano proposte per persone con limitazioni. «Avevo l’ingenua convinzione che non ci avrei messo molto a trovare danzatori con disabilità e a fondare una compagnia mista…»
L’associazione BewegGrund ha gettato le basi, organizzato corsi di ballo inclusivi e svolto progetti giovanili e comunitari incentrati sulla danza aperti a tutti. «Dopo alcuni anni, volevamo proporre pezzi professionali e selezionare i danzatori.» Ancora oggi, quest’ultima operazione non si svolge nella consueta forma delle audizioni. «Lo stress di un provino non rientra nel nostro modo di lavorare», spiega Susanne Schneider.
Agli inizi, la compagnia trovava spesso i suoi interpreti tramite contatti personali o workshop. Una di loro è Esther Kunz, scoperta in occasione del primo workshop dal coreografo Massimo Furlan, che per il suo nuovo pezzo stava cercando danzatrici con una forte presenza scenica, a prescindere dall’abilità tecnica. «10xThe Eternal» è stato portato in scena da sei danzatori con e senza disabilità della BewegGrund e della compagnia di Furlan Numero23Prod. Dopo la prima tenutasi nel dicembre 2012 alla Dampfzentrale di Berna, lo spettacolo è stato riproposto per tre anni in altre sei città svizzere e tedesche.
Questa prima intensa prova le è piaciuta, conferma Esther Kunz, prima di scoppiare a ridere e aggiungere: «Ero molto pignola per quanto riguarda la puntualità e gli orari di lavoro, e non avevo idea di come funzionasse il mondo della danza». Susanne Schneider ricorda con un sorriso che, all’inizio, alle 16 in punto, orario previsto per la fine dell’allenamento, Esther andava a cambiarsi. «Ora è diverso, ho imparato a essere più flessibile, non solo nella danza», prosegue la diretta interessata.
Da quella prima esperienza come danzatrice, pratica regolarmente danza moderna e improvvisazione, e ha preso anche lezioni di balletto. «Il balletto è difficile per me, perché richiede una forza muscolare che non ho.» Con il sostegno di Susanne Schneider, ha poi scoperto lo stile e i corsi che più le si addicono.
Varietà stilistica per un repertorio più ampio e nuove abitudini visive
Esther Kunz frequenta anche i workshop tenuti da insegnanti con e senza disabilità che la BewegGrund offre quattro-cinque weekend l’anno in sostituzione dell’allenamento che l’associazione proponeva ogni due settimane nei primi tempi. «Ci siamo resi conto che non volevamo creare uno stile BewegGrund. Ci consideriamo costruttori di ponti e ci impegniamo per la varietà, perché per gli interessati con disabilità l’offerta di corsi è limitata», spiega Susanne Schneider.
La BewegGrund aiuta a cercare corsi adatti, e collabora con altre istituzioni culturali inclusive e con due scuole di danza di Berna prive di barriere architettoniche e aperte alle esigenze delle persone con disabilità, che ad esempio adeguano gli esercizi in modo che possano essere eseguiti anche da una danzatrice in sedia a rotelle.
«Non mi sono mai preoccupata di essere diversa. È come è: ognuno diverso, tutti nella stessa squadra.»
Uno dei motivi per cui la compagnia BewegGrund, diversamente dal Teatro Danzabile, viene ricomposta per ogni produzione è il desiderio di ampiezza stilistica. «Collaboriamo con vari coreografi, con altre compagnie inclusive e con danzatori dalla Svizzera e dall’estero perché ci consideriamo pionieri e nei corsi non vorremmo mostrare un’unica impostazione», spiega Susanne Schneider.
Questo è il principio, la mancanza di fondi impone comunque alla compagnia di lavorare a progetto. Come la maggior parte dei corpi di danza della scena libera, né la BewegGrund né il Teatro Danzabile ricevono dallo Stato un finanziamento di base sufficiente a mantenersi costantemente attive. Per finanziare le sue produzioni, due anni fa il Teatro Danzabile ha stralciato le proprie offerte regolari di allenamento e da allora anch’essa punta su workshop con insegnanti diversi.
Apprendimento sul campo nel quadro di produzioni professionali
Senza allenamento regolare né formazione professionale, per i danzatori con disabilità è decisivo prendere parte al processo di elaborazione di una nuova produzione. «Il nostro lavoro creativo è collettivo. Io non dirigo e non do istruzioni, e nessuno si limita a eseguire», spiega Emanuel Rosenberg. «I professionisti senza disabilità devono aprirsi a questo processo ed essere sinceri con sé stessi esattamente come i danzatori con disabilità. La creazione di un nuovo pezzo è sempre molto coinvolgente anche dal punto di vista emotivo.»
Esther Kunz ha sempre lavorato con professionisti senza disabilità. «Non mi sono mai preoccupata di essere diversa. È come è: ognuno diverso, tutti nella stessa squadra.» Grazie all’esperienza, ora sa di che cosa ha bisogno e che cosa proprio non va. Un elemento è comunque essenziale: la fiducia nelle persone con cui danza. «Ci sono voluti parecchi pezzi prima che imparassi a fidarmi ciecamente.»
Ad esempio, lasciarsi cadere confidando che qualcuno l’avrebbe presa è stata per Esther Kunz una sfida quasi impossibile. «Ho problemi di equilibrio, per me è importante avere sempre il controllo sul mio corpo.» Se non che durante la preparazione di qualsiasi produzione ci sono sempre momenti in cui succede qualcosa di inaspettato e si perda il controllo. Come gestire le situazioni in cui le cose non vanno come si vorrebbe e comunque confidare che tutto andrà bene è un tema ricorrente, dichiara Susanne Schneider. Per i professionisti senza disabilità è più facile venire a capo di eventuali intoppi.
Condizioni di produzione come nelle altre compagnie della scena libera
Per il resto, le condizioni di produzione presso la BewegGrund sono praticamente le stesse delle compagnie non miste della scena libera, tiene a sottolineare Susanne Schneider. «Non abbiamo bisogno di più tempo delle altre compagnie, la differenza è che noi distribuiamo le prove sull’arco di più settimane invece di fare tutto insieme.» Un accorgimento per diminuire il carico per i danzatori. «E le nostre prove durano sei ore invece di otto, è sufficiente», aggiunge Esther Kunz, la quale ricorda che durante un corso di danza inclusivo in Svezia si allenava ogni giorno per otto ore, ma è stato uno sforzo che l’ha portata ai limiti fisici.
«Inanzitutto siamo una compagnia della scena libera come qualsiasi altra.»
Nelle domande di richiesta di fondi per la produzione, Susanne Schneider indica quale fattore di costo supplementare la necessità di disporre di persone che prestino assistenza secondo la composizione della compagnia oppure se è prevista una tournée. «Innanzitutto siamo però una compagnia della scena libera come qualsiasi altra», ribadisce. Una compagnia che pianifica con maggiore accuratezza e che si preoccupa ad esempio dei possibili ostacoli per un danzatore cieco. «Ma non è che ci serva molto più tempo per quello, ormai siamo ben rodati.»
Per la sua nuova produzione, il Teatro Danzabile organizzerà le prove in un unico blocco previsto per l’intero mese di settembre 2019 nonostante i suoi membri abbiano tutti un lavoro, una soluzione resa possibile dal sostegno dei famigliari e dalla cortesia di datori di lavoro comprensivi.
Emanuel Rosenberg offre possibilità di esibirsi anche nella sua seconda compagnia, la Progetto Brockenhaus. Se i progetti lo consentono, unisce i due corpi di ballo. Con i Giullari di Gulliver, collettivo ticinese integrativo con persone con disabilità, gli interessati del Teatro Danzabile possono raccogliere esperienze nel settore del teatro socioculturale e acquisire nuove competenze.
Nelle sue produzioni, il Teatro Danzabile versa a tutti i danzatori lo stesso salario. Quello della retribuzione resta un tema delicato nelle compagnie miste. Se i danzatori in AI ad esempio guadagnano troppo, rischiano di vedersi ridurre o stralciare le prestazioni complementari. «Eppure i danzatori con limitazioni dovrebbero ottenere i giusti riconoscimenti anche sotto forma di salario, dato che si tratta di un lavoro», conclude Susanne Schneider.
Per una volta in serie A
Nonostante la sua compagnia lavori già da oltre dieci anni anche con danzatori che hanno seguito formazioni professionali, sotto molti aspetti Emanuel Rosenberg considera il laboratorio presso la ZHdK un privilegio, dato che si tratta di un progetto per il quale non deve cercare fondi e con condizioni ottimali per le prove.
Durante il laboratorio ha inoltre il tempo di sperimentare. «Collaborare con giovani studenti è diverso dal farlo con professionisti adulti con esperienza. Sono ambiziosi, curiosi. Ai nostri danzatori con disabilità raramente si presentano simili opportunità di collaborazione artistica.» È un arricchimento. «Qui respiriamo aria nuova, vediamo a che punto sono gli altri e che cosa i futuri danzatori imparano durante la loro formazione.»
Per il Teatro Danzabile è decisiva anche la visibilità che ottiene nel proprio Cantone. «Per una volta giochiamo in serie A», dichiara Emanuel Rosenberg. «In Ticino siamo pionieri, non otteniamo molti riconoscimenti per il nostro lavoro. 'Fanno qualcosa per i disabili’, si sente spesso dire.» E aggiunge: «Come compagnia e come artisti, sul piano cantonale ci è di grande aiuto mostrare un progetto realizzato con giovani studenti di danza in una scuola istituzionale di Zurigo e che va in tournée in tutto il paese».
Maggiore visibilità e nuovi modelli
Come le due produzioni brevi dei laboratori 2017, anche la coreografia nata quest’anno nella ZHdK otterrà visibilità nazionale grazie al progetto di rete inclusivo IntegrART del Percento culturale Migros e, più concretamente, tramite i suoi quattro festival partner: BewegGrund. Das Festival di Berna, ORME Festival di Lugano, Wildwuchs Festival di Basilea e Out of the Box – Biennale des Arts inclusivs di Ginevra.
IntegrART fornisce il sostegno finanziario che consente ai festival partner di presentare compagnie miste, con danzatori con e senza disabilità, di rilievo internazionale. La rete sensibilizza il pubblico sul tema dell’inclusione nella danza e contribuisce così a diffondere una percezione più ampia degli artisti con disabilità. Con il loro operato, IntegrART e i suoi festival partner creano nuovi modelli per i danzatori con limitazioni, il che risponde a una necessità sentita. Sono pochi in generale anche gli artisti con disabilità: Emanuel Rosenberg ha dovuto infatti scandagliare a fondo la sua ampia rete di contatti per trovare partecipanti per questo workshop di lancio.
Anche all’estero la maggior parte dei danzatori con disabilità non segue una formazione istituzionalizzata. L’apprendimento sul campo durante workshop e produzioni con condizioni quadro professionali resta la via più seguita verso una maggiore professionalizzazione, spiega Susanne Schneider. «Mancano modelli propri, che però devono essere creati in comune affinché alle persone con disabilità venga l’idea di dedicarsi alla danza.»
Gli effetti dei laboratori si estendono alle scuole universitarie
Chi ha il necessario talento deve poter avere accesso a una formazione istituzionalizzata. Alla ZHdK e all’Accademia Teatro Dimitri vengono mossi i primi passi in questa direzione. Le conclusioni tratte dai laboratori tenuti nel 2017 a Zurigo e a Verscio sono confluite nel progetto di ricerca della ZHdK e della SUSPSI «DisAbility on Stage» promosso dal Fondo nazionale svizzero. Giunto al termine dopo tre anni nel marzo 2019, il suo intento è quello di avviare un discorso sulla disabilità nelle alte scuole d’arte e nelle università della Svizzera.
Concretamente, ciò significa che la ZHdK ha inserito il laboratorio misto nel percorso di studi per il bachelor e che lo svolgerà ogni due anni. Quello del 2019 diretto da Emanuel Rosenberg è stato il primo. In Ticino, l’Accademia Teatro Dimitri e la compagnia Teatro Danzabile collaborano da poco con il Cantone alla creazione di una formazione e un perfezionamento misti finanziati e riconosciuti dallo Stato. «Per gli artisti con limitazioni deve essere una formazione professionale, proprio come quella di cameriere o massaggiatore, solo con l’obiettivo di diventare artista di teatro», spiega Emanuel Rosenberg.
Per gli studenti senza disabilità sarebbe invece un perfezionamento, ad esempio per coloro che desiderano lavorare con la danza in un istituto per persone disabili. «In quel caso, non si limiterebbero a fare 'un po’ di teatro’ con gli utenti, perché avranno imparato un mestiere: lavorare nell’inclusione con un approccio artistico.»
Lacune che inibiscono lo sviluppo
Che succederà però se al termine della formazione biennale, in parte parallela all’attività lavorativa, le persone con disabilità non trovano lavoro? I mestieri di ballerino o attore sono già considerati precari per le persone senza disabilità. Né Susanne Schneider né Emanuel Rosenberg credono che ci saranno moltissimi interessati. «L’intento è di offrire una possibilità alla persona con disabilità di talento che desidera seguire una formazione artistica senza che debba girare mezzo mondo per trovare una scuola disposta ad accoglierla», conclude Susanne Schneider.
Gli studenti stanno imparando a superare i loro timori, ma tra i detentori dei poteri decisionali sussistono lacune: «In molti non hanno ancora capito che esistono produzioni professionali miste con danzatori con e senza disabilità». Se cambia questo, ci saranno più cooperazioni artistiche e offerte di lavoro.
Il palco come uno di molti obiettivi
Per Emanuel Rosenberg, il palco è solo uno dei molti possibili obiettivi della formazione. Altre possibili strade sono diventare insegnante o assistente. «Si tratta di autodeterminazione e di inclusione nelle formazioni.» L’attività artistica consente alle persone con limitazioni di acquisire sicurezza in sé stesse, come confermano regolarmente i datori di lavoro di membri della sua compagnia.
Negli ultimi anni qualcosa si è mosso, su questo i due pionieri sono concordi. «Ci vogliono questi apripista affinché i talenti con disabilità possano anche solo essere accettati a un esame d’ammissione», conclude Emanuel Rosenberg.
Esther Kunz non sa se seguirebbe una formazione formale se ne avesse l’opportunità. Non esita però quando si tratta di elencare tutto quello che è cambiato per lei nei sette anni in cui è diventata parte attiva del contesto professionale della BewegGrund: «Il mio corpo si è rafforzato, ho più equilibrio e ho imparato tanto. Ad esempio, ho osservato gli esercizi per gli addominali che fa Killian, il mio partner di duetto, e ora li faccio anch’io. In generale, ho acquisito maggiore sicurezza, gli eventi inaspettati non mi sconvolgono più come prima.»
Joëlle Petrini è stata selezionata per il laboratorio alla ZHdK e nella primavera 2019 parteciperà con la coreografia di gruppo ai quattro festival partner di IntegrART con altri tredici danzatori con o senza disabilità. Oppure, più semplicemente, insieme ad altri tredici danzatori.
Tanzhaus di Zurigo: una nuova compagnia stabile
Il Tanzhaus di Zurigo vorrebbe offrire alla scena libera locale possibilità di lavoro durevoli e un luogo in cui dar vita a nuove produzioni. La nuova campagnia dovrebbe trovare quest’ultimo nel nuovo edificio in cui il Tanzhaus si trasferirà nel settembre 2019 e inaugurarlo con la sua prima produzione. Durante un workshop di audizione tenutosi a fine marzo, sono stati selezionati tre danzatrici e due danzatori professionisti. Tra i ventisette candidati invitati non ne figuravano con disabilità. In futuro, però, la compagnia verrà ampliata a sette membri in un’ottica il più possibile intergenerazionale e inclusiva. La struttura è aperta a professionisti e ad artisti con disabilità.
Per Catja Loepfe, direttrice del Tanzhaus, è ipotizzabile anche una collaborazione con un/a coreografo/a con disabilità. Oltre che con una grande produzione annuale, la compagnia dovrà agire anche a livello di società elaborando formati di mediazione inclusivi, tenendo workshop – tra l’altro in DanceAbility – e aprire nuovi ambiti per la danza, ad esempio nel settore della salute. Il Tanzhaus non fornirà direttive in merito ai contenuti, saranno i membri della compagnia a determinarne la direzione artistica in una struttura collettiva.
Da settembre 2019, il Tanzhaus organizzerà a cadenza settimanale i workshop DanceAbility, finora mensili, rivolti agli interessati con e senza disabilità. Al momento, si sta verificando la possibilità di creare un progetto da presentare sul palco partendo da questi workshop.